di Vera Martinella
Primo passo avanti in 20 anni: progressi importanti perché si allunga la sopravvivenza libera da progressione di malattia e si possono posticipare radio e chemioterapia
Per la prima volta dopo 20 anni dalle sperimentazioni arriva una nuova cura contro i gliomi, tumori cerebrali che interessano spesso persone giovani, con un impatto importante sulla qualità di vita e sulle capacità lavorative. Quando è possibile si asportano chirurgicamente, ma nella maggior parte dei casi l’intervento non è risolutivo e si procede con radioterapia e chemioterapia. Con questa strategia molti pazienti vivono anche diversi anni, ma da molto tempo i ricercatori si impegnano a trovare strategie terapeutiche più efficaci e meno invasive.
Lo studio
Gli esiti dello studio INDIGO (una sperimentazione di fase tre, l’ultima prima dell’approvazione ufficiale di nuovo farmaco) indicano che con vorasidenib, che va a colpire la mutazione a carico dei geni IDH1 e IDH2, si fanno progressi importanti perché si allunga la sopravvivenza libera da progressione di malattia. Cosa significa di preciso? «Stiamo parlando del primo studio in grado di dimostrare un beneficio da parte un farmaco ad azione mirata nei malati con glioma a basso grado operati e che presentino un’alterazione specifica (la mutazione dei geni IDH1 o IDH2, fondamentale nella nascita e sviluppo dei gliomi di basso grado) – risponde Enrico Franceschi, direttore dell’Oncologia del sistema nervoso all’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna -. Fino ad ora il trattamento post-chirurgico consisteva in radioterapia e chemioterapia, oggi invece grazie a questo nuovo farmaco questi trattamenti possono essere posticipati in maniera significativa. Altra informazione importante: vorasidenib è “comodo”, si assume in compresse ed è molto ben tollerato (l’effetto collaterale principale è il rialzo delle transaminasi)».
I gliomi di basso grado: oligodendrogliomi e astrocitomi
I gliomi colpiscono circa 5 persone su 100mila all’anno e rappresentano circa il 40% dei tumori che interessano il cervello. Ne esistono diversi tipi, alcuni sono aggressivi e hanno una prognosi molto severa (come il glioblastoma), altri meno. «I gliomi di basso grado sono neoplasie cerebrali rare, colpiscono 2-3 parsone su 100mila all’anno, in genere di giovane età, attorno ai 30-40 anni – spiega Franceschi -. Spesso si presentano con crisi epilettiche: è importante riconoscere queste patologie prontamente per impostare prima possibile il programma terapeutico». Attualmente la mediana di sopravvivenza è superiore a 10 anni, con variazioni che dipendono però ampiamente dalle caratteristiche genetiche del tumore: si tratta però di neoplasie che, se quando il bisturi non è risolutivo, crescono in modo continuo, più o meno lentamente, ed evolvono verso tipologie con maggiore malignità.
Le terapie
Secondo le linee guida internazionali, la chirurgia è considerata il trattamento iniziale e mira all’asportazione di tutta la massa neoplastica visibile alla risonanza magnetica. Il trattamento chirurgico radicale si associa a un incremento della progressione libera da malattia (ovvero il tempo che trascorre prima che il tumore si ripresenti) e della sopravvivenza. Purtroppo però un’eliminazione radicale non è sempre praticabile oppure, anche si è riusciti a raggiungere questo obiettivo, può capitare che la neoplasia riprenda a crescere e spesso evolve verso livelli maggiori di aggressività. «Proprio per questo motivo, dopo l’operazione, se sussistono elementi di rischio vengono eseguiti subito radioterapia e chemioterapia per allungare il tempo alla ricrescita e anche la sopravvivenza globale — conclude Franceschi —. I dati dello studio INDIGO, che verrà presentato al congresso mondiale americano Asco a giugno 2023, indicano che il nuovo farmaco (ancora in attesa di approvazione ufficiale sia negli Usa sia in Europa) è in grado di allungare il tempo alla ricrescita di malattia e a posticipare in maniera rilevante i trattamenti post-chirurgici».
Articolo del corriere della sera del 26/4/2023: